Dal canale bianco e nero all’omnichannel

Ero un bambino e la pubblicità e la comunicazione erano per me due aspetti della vita molto distanti dal
mio modo di essere. Però in casa c’era questa scatola che proponeva delle immagini in bianco e nero e che
si chiamava televisore. Era qualcosa che ti attirava a stare li davanti a vedere i telefilm, le
trasmissioni a quiz, le partite di calcio, i cartoni animati. Era un tipo di comunicazione unidirezionale, le
immagini e i contenuti ti venivano propinati, senza sapere se a te piacessero o meno. Se non ti piacevano
potevi cambiare, con o senza il telecomando, se erano trasmissioni che piacevano a tanti lo sapevi
attraverso lo share. L’indice che segnalava la capacità di attrattiva del programma. Ai miei tempi le
interruzioni erano poche, quindi riuscivi a iniziare a vedere un telefilm e finirlo, con la massima attenzione,
salvo che sul punto cruciale, magari dei cugini Duke che saltavano le 32 macchine, ecco che arrivava lo spot
pubblicitario. La maggior parte delle volte ne approfittavo per andare in cucina a sgranocchiare qualcosa,
oppure per esibirmi in qualche palleggio con la palla di cuoio, per non perdere l’allenamento, oppure per
suonare qualche nota con la mia chitarra. Insomma facevo di tutto per sfuggire ai messaggi pubblicitari.

In realtà quelle volte che mi ero attratto dal messaggio pubblicitario e restavo a vederlo, era perché le
prime immagini erano davvero attraenti per i miei interessi, magari riguardavano il calcio, le moto o le
macchine. Oppure perché le musiche erano davvero coinvolgenti: chi non ricorda la musica della Barilla?

Altre forme di pubblicità che io ricordi venivano dalle riviste di settore, che si trattasse di magazine
musicali, riviste sportive o giornali quotidiani, ricordo che avevano una maggiore attrattiva su di me, e
quindi mi ricordo che fantasticavo di avere quel paio di scarpette pubblicizzate sulla rivista, oppure quella
fender stratocaster bianca che aveva Hendrix. Si, la carta stampata mi permetteva di fantasticare di più
rispetto alla Tv. Sarà per questo che preferisco di gran lunga leggere libri che guardare Tv. Ma il punto non è
questo. Quello che mi interessa è capire che il processo di acquisto di ciascuna persona è cambiato
incredibilmente da 40 anni a questa parte.
Prima i canali principali per venire a conoscenza di un prodotto erano la Tv e la carta stampata con i quali
non potevi avere delle interazioni istantanee. Se ti era piaciuto quel tale programma e volevi protestare
perché l’avevano escluso dal palinsesto, al limite potevi scrivere una lettera alla redazione, ma quanto
tempo avrebbe impiegato ad arrivare la tua protesta? E soprattutto, chi l’avrebbe letta? Avrebbero
reinserito il programma nel palinsesto?

Proviamo a tracciare un percorso che il cliente tipo riesca a tracciare nel corso della sua strada verso il
prodotto. Vede un prodotto in Tv o sulla carta stampata, ne è incuriosito, va nel negozio più vicino e chiede
informazioni. Oppure lo vede in dosso ad un amico, gli chiede informazioni, oppure prova il prodotto gli
piace, va nello store più vicino e l’acquista. Siamo nel caso dello showrooming. Questo è quanto succedeva
40 anni fa e che può succedere tuttora.

Oggi la Tv da elemento primario di veicolo pubblicitario a secondario rispetto ai social network. Le
pubblicità in tv e sui social sono diventate dei veri e propri corto metraggi. Raccontano delle storie che ti
portano tanto lontano dal dirti quale brand è e tanto vicino al suo acquisto. Perché tutti noi quando
acquistiamo un prodotto, vogliamo far parte di una storia. Ma non è questo il punto. Dicevamo che i social
network hanno rivoluzionato ogni cosa. Il modo di fare comunicazione, il modo di acquistare, il modo di
vendere, il modo di attrarre i clienti.

Mi trovo su un sito di ristoranti per matrimoni, clicco sull’icona di Instagram e vedo che l’ultimo post che è
stato pubblicato è di qualche mese fa. Penso che non sia in attività e quindi non chiamo. Al contrario su un
altro sito di un risorante per matrimoni, clicco sull’icona di Instagram e vedo delle immagini da sogno, già
immagino il mio matrimonio in quella location, gli ospiti soddisfatti e il successo della mia festa. Chiamo.
Siamo nel Webrooming. 40 anni fa non si riusciva neanche ad immaginare.

Oggi esisti se sei presente sui social network, che sono alla portata di tutti. E quindi sembrerebbe facile
raggiungere tutti. In realtà l’unica cosa facile è sbagliare il tipo di comunicazione.

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La nostra storia

La versione abbreviata è che sono partito circa vent'anni fa nel marketing della squadra più importante della mia regione: Pescara Calcio e alla fine mi sono ritrovato a creare una mia agenzia di marketing che ormai da qualche anno raggiunge risultati insperati all’inizio del viaggio.

In realtà c’è una versione più complessa e più profonda di tutta la storia e per spiegarvela, per raccontarvela, devo scavare nel mio passato, non solo vent’anni indietro, ma molto di più, fino alla mia nascita, o forse prima? Alle mie origini. In realtà quando si cerca una motivazione forte non ci si può fermare alle apparenze o a qualche desiderio nato in tarda età. Siamo l’insieme delle scelte, dei passi compiuti, delle persone frequentate e soprattutto di chi ci ha permesso di crescere.

La storia di Firmà parte con la descrizione di chi mi ha influenzato più e prima di chiunque altro: la mia famiglia. I miei genitori, i miei fratelli e sorella. Mio padre è sempre stato tanto devoto al suo lavoro, e a far crescere la sua famiglia, quanto poco incline al dialogo ed alla comunicazione. In questo si possono rivedere molte delle figure maschili del nostro Abruzzo, che ci hanno regalato il pay off (non me ne vogliano coloro che non sopportano i termini anglofoni) forte e gentile. Gentile un paio di palle, ma non andiamo off topic.

Dato che ritengo di avere un profondo spirito d’osservazione, capii con il tempo che tutti i problemi d’incomprensione, tensione e quant’altro all’interno di qualsiasi organizzazione, che sia la famiglia, l’azienda, una squadra di calcio e via dicendo, erano frutto di mancanza di comunicazione corretta.

Non volendo ripetere gli stessi errori di mio padre (che comunque ho sempre ringraziato e sempre ringrazierò per tutto) decisi, in età avanzata di studiare libri sulla comunicazione, sulla pnl e sul marketing.

Quando gli errori di comunicazione arrivavano al punto di rottura, chi si occupava di ricucire i rapporti era sempre mia madre, che oltre ad essere una cuoca straordinaria, era anche un’eccellente sarta e forse per questo il rinsaldare rapporti e ricucire strappi anche in senso lato era ed è nel suo DNA.

Se inizialmente i miei studi hanno preso una piega contabile, lo devo ai miei fratelli maggiori che sono entrambi diplomati in ragioneria e laureati in economia e commercio ed anche io che ho seguito pedissequamente le loro orme. Ad un certo punto però, è emersa la vena artistica di mia sorella e dal mix è uscito un marketing manager che vuole sempre aggiornarsi leggendo libri dei massimi esponenti del marketing, che è sempre attento al controllo degli indici di bilancio e che mette la propria creatività e quella del proprio team, a servizio costante della crescita dei propri clienti.

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